Le Sinistre Revisionate
Versione in Italiano: Ana Paula Ferreira de Souza (ana.prof@hotmail.com)

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Riacquistando il sogno...

Probabilmente il sogno di uguaglianza in dignità per tutta l’umanità sia una idea originaria dei primi cristiani, prima che fosse stata creata la Chiesa e che il progetto ugualitario cristiano non diventasse un’altra forma di dominazione degli uomini sugli uomini, che fu quello che, in fondo, diventò la Chiesa come istituzione, sia la cattolica, sia l’ortodossa, sia la protestante.

Questo sogno, dopo addormentato per lunghi secoli, sotto l’ombra delle grandi chiese monoteiste e le loro visioni di mondo nichiliste, ebbe il permesso di essere rivissuto con l’era delle luci.

Sogni come l’uguaglianza in dignità dei cristiani, ma aggiunti a quelli dell’uguaglianza di diritti, della libertà di credenza, di pensiero, di espressione e di concetti come cittadinanza, che culminarono con le grandi dichiarazioni dei Diritti degli Uomini, nelle versioni in inglese del Regno Unito, in inglese degli Stati Uniti o in francese.

Con le rivoluzioni borghese dell’Europa Occidentale e dell’America del Nord, questi ideali furono finalmente messi al potere, comunque limitati dal potere capitale, che insomma soltanto i borghesi detennero; e il progetto di dominazione degli uomini sugli uomini seguì. Siccome mancava la reale uguaglianza, nuove ideologie affioravano. Ideologie che adducevano al proseguimento della esplorazione dell’uomo sull’uomo, la dominazione sulle nuove forme, non come prima, ma ugualmente schiavizzate, giacché, come può essere possibile essere libero senza l’erudizione, senza il tempo, senza accedere alla salute e alla nutrizione, senza la prospettiva e senza il futuro? E senza tutto questo come l’uguaglianza potrebbe essere meramente considerata? E così si formarono le sinistre come le conosciamo, cercando soprattutto, il sogno nel quale i produttori delle ricchezze potrebbero accedere alla ricchezza che loro stessi aiutavano a produrre! È anzitutto questo ideale che non dobbiamo dimenticare, e finché esso non sarà raggiunto, dobbiamo continuare a ricercarlo!

E non è che io non capisca quello che Nietzsche ha mostrato così crudelmente con il suo crepuscolo dei dei e degli ideali, dove possiamo includere anche le nuove religioni terrestri come l’anarchismo, il comunismo, il socialismo e perfino il fascismo (di destra, tuttavia), con i suoi idoli personali che distrussero tante vite umane in nome suo, nell’ultimo secolo. Il fatto è che anch’io non credo che il risultato pratico delle sue idee, come la tecnicizzazione senza proposito del mondo- esposto così bene da Heidegger- e suo figlio, il capitalismo liberale, globale e ugualmente senza proposito, siano sostitutivi plausibili degli ideali umani di uguaglianza di opportunità e dignità, anche se adesso non trascendenti, ma umani, troppo umani.

Allora le sinistre, oltre ad incontrare una forma pratica di cercare l’uguaglianza tra gli uomini, senza le dottrine ditattoriali, senza massacri assordi in nome di nuove forme di religioni senza Dio, e che provarono di essere niente più di un’altra forma di dominazione degli uomini sugli uomini e una fra le più crudeli già vissute dall’umanità, deve ancora provare che Nietzsche, nonostante fosse corretto in quasi tutto che disse, vide la luce ma essa non illuminò le sue mini certezze..

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Gli errori e le sfide…

Non è che non successe il sogno in cui i lavoratori accedessero alle ricchezze che producevano, al contrario, ma non nei paesi dominate dalle dottrine delle sinistre. Accade nei paesi noti come mondo occidentale di primo mondo, notevolmente negli Stati Uniti. L’ironia è che sotto quest’ottica, il paese che combattè di più le sinistre come ideologia, sia, appunto, quello che compiè in modo migliore le sue più ambiziose promesse. Infine, il sogno americano non è così diverso del sogno delle sinistre.

La verità è che le ideologie di sinistra rappresentavano una minaccia, e essa fece con che gradatamente, in questi paesi le élite borghese concedessero diversi diritti ai loro cittadini, come i diritti all’educazione, alla salute, al voto e alla previdenza. E in questo processo si generavano lavoratori più informati capaci di creare prodotti e servizi con maggior valore aggregato e sempre precedentemente al restante del mondo. E così erano ugualmente meglio stipendiati, giacché generavano sufficiente plusvalore e inoltre, rappresentavano potenti mercati consumatori, che giustificavano l’industrializzazione di per sé, dato che avevano la capacità di consumare la produzione in scala, e erano ogni volta più capaci di farlo, generando ricchezza e benessere ai loro cittadini a livelli mai provati prima da parte della umanità.

E forse questo non sia nemmeno il principale. Così come nelle religioni con Dio e con la morale civilizzatrice, il problema peggiore delle religioni terrene e senza Dio, con i loro governi totalitari, si trova nel disprezzo per il lato individuale delle persone. In nome della collettività, l’essere umano come individuo cerca di essere annullato come politica di Stato. E l’essere umano ovviamente non è un essere soltanto collettivo. Egli ha desideri e motivazioni personali che caso siano sistematicamente massacrati, corroderanno e distruggeranno la loro gioia di vivere e, contrariamente al proposito originale, la loro volontà di costruire e la propria capacità di creare. Nessuno può essere felice facendo soltanto quello che deve fare. Azioni imposte, senza la libertà della scelta, sono come risi forzati, non si sostengono. Gli Stati come questi furono grandi illusioni che oltre ad aver sterminato migliaia di persone, uccisero altrettanti in vita. No, no e no! Il paradiso nella Terra non è questo! E purtroppo molti pagarono per insegnarci questo, allora sinistre, impariamo!

Il ventesimo secolo vide l’umanità raggiungere livelli di produttività che permisero una cosa mai cogitata precedentemente: intravedere, benché celermente, che veramente potevamo produrre cibi e beni in quantità sufficiente per tutti. Nei ricchi Paesi del primo mondo tale accenno è ancora più reale, forse raggiungendo una certa esagerazione nel consumo e nello spreco, in particolar modo negli Stati Uniti.

Ma infine, cosa hanno di così speciale gli Stati Uniti, qual è la grande forza dell’America? Il loro sistema di insegnamento? La loro capacità di lavoro? La loro organizzazione? Le loro forze armate onnipotenti? La bellezza o la bontà del loro popolo? La loro fede incrollabile? Hollywood? Chissà un po’ di tutto questo, ma indubbiamente niente, se paragonato al loro mercato interno. La forza del mercato interno americano è così grande che se qualcuno decidesse vendere merda da quelle parti, sicuramente ce ne sarebbe uno che la comprerebbe. Così, fabbricando e vendendo merda, l’imprenditore avrebbe condizioni di investire nel suo affare e di passare a produrre una merda migliore. Così, quando il mondo si rendesse conto di che comprare merda è desiderato e necessario, gli americani già sarebbero i migliori a farlo. Successe così con quasi tutte le industrie del secolo scorso, dall’automobilistica ed aeronautica a quelle di semplici nastri e carte da regalo, passando per i polimeri, gli elettrodomestici, i microchips, le microonde, i softwares, i personal computers, i mainframes, le fotocopiatrici, i fax, i post-its, i nastri adesivi, le nuove leghe metallurgiche, come quelle che usano il nichel oppure il titanio, i composti di carbonio, la musica, il cinema e lo sport come industrie. Perfino il mercato editoriale divenne un pioniere con i così lucrativi libri di auto aiuto. Vendite? Inventarono tutta la cosa: mete, motivazione e così via, con corsi, libri e workshops! E nel che riguarda l’industria della produzione audiovisiva? Nessuno al mondo produce come loro. Merda? Può darsi, ma più di questo, è il lavoro, è il reddito, è il consumo, è la produzione, che porta più lavoro, che rappresenta più reddito, che rappresenta più consumo, che rappresenta più produzione, sempre con il supporto della scienza con lo scopo di produrre di più, in modo migliore e ad un prezzo più buono. Questa è l’America! Allora, infatti, criticare il consumo americano, come oggigiorno tanto si fa, è la stessa cosa di criticare la loro grande forza, senza la quale non sarebbero quello che lo sono.

Imagina il mondo attuale senza i polimeri? Non vi sarebbe né abbastanza cotone, né lana, né legno, né gomma senza di essi. Il fatto ci porta a due punti. Primo ponto: il sogno americano non si è mai lasciato abbattere dal pessimismo Malthusiano, e invece di bloccarsi per la paura dinanzi alla ovvia limitazione delle risorse, sempre cercò le soluzioni, dei sostituti all’altezza e qualche volta migliori, e sono tuttora riusciti bene in quest’impresa. Gli Stati Uniti oggi consumano il 30% della energia del mondo, con una popolazione di circa il 5%. Non so i numeri, ma immagino che il primo mondo consumi circa il 60% della energia del mondo con un massimo del 15% della sua popolazione. Con tale fatto, tutto il pianeta soffre in modo disperato, arrivando al punto di, secondo molti, già trovarsi sull’orlo di un collasso totale per quanto riguarda riparare la vita umana. Questo ci porta al secondo punto: che cosa succederebbe alla Terra e all’umanità se il sogno americano e l’ideale delle sinistre fossero veramente compiuti a tutti gli essere umani, a tutte le nazioni? Ecco un’altra sfida perché, non sarebbe esattamente quello che vogliamo?

Le teorie che dicono che il mondo è ampiamente dominato da pochi sono perfino plausibili e lenitive, ma quello che si vede con la crisi mondiale che ci colpisce attualmente, è che esse non sono esattamente reali. L’Wall Street e la City crollarono, e anche tutte le loro verità assolute che rappresentano i loro dogmi intoccabili. Il capitalismo attuale può infine, essere visto come veramente lo è, una grande bestia senza testa!

E non è che io non sia d’accordo con Adam Smith e il suo liberalismo economico, quando postula che la libera concorrenza ha il potere di regolare i mercati in pro ultimo dei consumatori. Sì, è vero, ma soltanto quando vi è la libera concorrenza nel suo senso pieno. Vi sono settori dell’economia che tenderanno a non essere mai veramente sottomessi alla libera concorrenza, in modo accentuato quelli che esigono un grande capitale iniziale oppure quelli la cui sollecitazione necessaria coincida con praticamente la sollecitazione globale. E quando sono formati monopoli o oligopoli, o, peggio, quando sono necessari, e usano la loro globalità per stare al di sopra delle leggi che li vietano o li limitano e al di sopra degli interessi dell’umanità e della sua dichiarazione dei diritti, non sono precisamente i consumatori quelli che sono i beneficiari. Oppure quando, a causa dell’eccesso di offerte di credito, beni e immobili, raggiungeranno valori molte volte superiori al loro costo, generando una finta valorizzazione sostenuta da finanziamenti ovviamente insolventi, non sarà infatti la libera concorrenza che riuscirà a controllare la situazione quando diventerà evidente la mancanza di copertura dei fogli emessi basandosi sulle entrate future di tali fianziamenti.

Inoltre, non credo che il capitalismo che viviamo oggi- senza confini, senza freni e senza sinistre, completamente nelle mani delle aziende che, sebbene abbiano buone intenzioni, hanno sempre come maggior idolo la soddisfazione dei loro azionisti, che non vogliono altro che il profitto, e che essendo globali e così grandi, dominano le nostre vite, i nostri paesi ed i nostri governi nei più svariati modi- possa, in un modo cosciente e sicuro, portare all’umanità oppure al pianeta, un benessere generale. Quello che mi pare veramente è che noi cittadini, stiamo per perdere quasi tutto quello che ci fu concesso dalle rivoluzioni borghese, che sarebbe, anche se minimamente, la capacità di incidere sul destino del nostro paese e di conseguenza, sul nostro proprio destino.

Infatti, il mondo globalizzato non è esattamente il problema e io stesso posso reputarmi un figlio della globalizzazione. Il mondo globalizzato è più umano e più libero, perché l’individuo che si globalizza diventa più consapevole delle possibilità della umanità di per sé, diventa più tollerante, più umano e più libero. Questo fatto mi induce a credere che un paese formato da cittadini globalizzati sarebbe altrettanto più umano. Il problema è la nostra incapacità di creare meccanismi per dominare questa bestia senza testa nel quale capitalismo globalizzato attuale si trasformò. Siccome esso non ha né direzione e né un proposito che non sia il profitto- tante volte non raggiunto-, potrebbe non portarci veramente ad un mondo dove i lavoratori abbiano accesso alle ricchezze che producono, anche perché non hanno la testa e starebbero facendo niente, assolutamente nient’altro, che esistendo.

Queste sono le sfide che si presentano a noi, non soltanto alle sinistre, ma all’intera umanità!

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Un nuovo cammino…

Prima di tutto, ci dobbiamo ricordare di quello che veramente stiamo parlando. Siamo le sinistre, nate insieme alla rivoluzione industriale, figlia degli sviluppi scientifici favoriti dal modello sperimentale e causale, figlia delle ricchezze generate dalla scoperta e dalla esplorazione delle Americhe, nipote delle riforme della chiesa cristiana occidentale e nipote del Rinascimento. Non stiamo parlando di vivere in un altro mondo, del passato, ad esempio come delle sette che rifiutano i benefici della rivoluzione industriale e esortano un ritorno al modo di vivere anteriore ad essa. Neppure stiamo parlando di tornare a vivere assieme alla natura, in comunità, come quelle indigene, dove la proprietà è collettiva. E non stiamo neanche parlando di rifiutare la globalizzazione. Nemmeno di negare la scienza e i suoi benefici, e anche le sfide che essa crea all’umanità, in una proporzione forze uguale a quella delle sue soluzioni. L’infinità di possibilità per la vita umana in questa Terra è enorme e non le critico. Semplicemente non si tratta dell’argomento di cui stiamo parlando qui. Stiamo parlando del mondo dove viviamo e cerchiamo di creare meccanismi perché i lavoratori possano avere accesso alla ricchezza che aiutano a produrre. Senza però, distruggere il pianeta, ovviamente! Chiarito questo punto, possiamo andare avanti.

Il cammino che va percorso dalle sinistre non deve più avere gli errori del passato. Basta con le religioni promettendo il paradiso sulla Terra in nome della quale si può uccidere o schiavizzare, basta con i governi totalitari, basta con la mancanza di libertà di espressione e di diritto a non essere d’accordo, basta con la mutilazione dell’anima umana con la dittatura del collettivo.

Impariamo allora, con chi è riuscito bene. Quale sarebbe il ciclo virtuoso del primo mondo? E qui, per piacere, dimentichiamoci per un minuto delle sue politiche esterne che tanto ci colpiscono e colpirono per secoli, come ad esempio il dominio coloniale dell’Asia e dell’Africa, delle due guerre mondiali, dell’olocausto, della guerra fredda senza fine che spaccò il mondo in due facendo vittime ancora oggi, delle guerre per il petrolio che probabilmente stano soltanto cominciando. Sì è difficile, ma sforziamoci e concentriamoci sull’essenziale. Il suo ciclo virtuoso è composto dalla catena di lavoro, di reddito, di consumo, di produzione, tutto sostenuto dalla scienza e dall’inventiva.

L’inventiva scopre o inventa qualcosa che può essere consumato, per essere consumato va prodotto, per essere prodotto genera lavoro, con il lavoro il lavoratore comincia ad avere reddito che servirà a consumare quello che sarà prodotto. La scienza inventa mezzi per fare qualcosa in quantità maggiore, in modo migliore e più economico. Così, più persone possono consumarla con lo stesso reddito. Più consumo richiede più produzione e di conseguenza genera più lavoro e reddito. Non giudicatemi ingenuo, so che la crescita della tecnologia nella produzione in generale esige meno mano d’opera, ossia, meno posti di lavoro, e meno posti di lavoro significano meno redditi e meno consumo. Ma produrre di più e a costo più basso non è indesiderabile. Inoltre, l’aumento della produttività è anche il risultato di un lavoro fatto da persone meglio abilitate e meglio stipendiate. Quindi, il secondo effetto, che è l’aumento della qualificazione della mano d’opera, non è ugualmente indesiderabile. Mano d’opera qualificata ha una migliore rimunerazione, fatto che, in un’analisi finale ci porta alla generazione di richiesta per servizi come commercio, trasporto, intrattenimento, turismo, ecc., oltre a più qualificazione, o, meglio, qualificazione. Tutto sempre in scala, generando nuovamente, lavoro e reddito.

Le merci prodotte in scala al punto di poter essere consumate in scala da un ceto di lavoratori che si qualificò e ingrandì il settore dei servizi, imborghesendosi nel modo di vivere, diventando il così potente ceto medio dei paesi del primo mondo. Questo dunque, è il risultato del ciclo virtuoso del primo mondo. E cosa sarebbe esattamente un ceto medio di lavoratori e con il potere di acquisto? Bah, sarebbe non di più, non di meno che lavoratori che accedono alla ricchezza che producono!

Quindi, è questo il ciclo che dobbiamo proteggere ed aiutare a creare ed a sviluppare nei nostri paesi. Questo è il cammino!

Dobbiamo creare condizioni perché il reddito possa essere ingrandito ossia, caso aumentasse il reddito non aumentasse pure l’inflazione, o, meglio, caso aumentasse il reddito non fosse diminuito il suo potere di acquisto, di consumo. Questo può essere fatto soltanto con l’incremento della produzione. Un aumento della produzione rispondendo all’aumento del consumo affinché non vi siano una mancanza di fornimenti e anche l’inflazione. E affinché possa assistere ai mercati esterni con esportazioni che permettano l’aumento delle importazioni di merci ancora non prodotte all’interno, con eccellenza e competitività. Questo esigerà una politica di Stato che stabilisca come aumentare il reddito e come aumentare la produzione per possibilitare, appunto, tale aumento di reddito.

Tuttavia non ci possiamo dimenticare, quando creata questa politica, dei pericoli di andare contro la libera concorrenza e la libera iniziativa, dei pericoli delle istituzioni deboli e del concentramento del potere dello Stato, dei pericoli del riscaldamento globale e delle pratiche capitaliste predatorie, delle sfide della globalizzazione. Con questo scopo, vi sono qualche direttrici:

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    Economia e Globalizzazione:

  1. Basandosi sui potenziali nati o sviluppati, del paese o della sua gente, incoraggiare il raggiungimento della eccellenza nell’esplorazione di questi potenziali.


  2. Fortificare il mercato interno, creando un meccanismo perché la distribuzione del reddito sia mantenuta o sviluppata.


  3. La prima direttrice suggerisce che la politica di produzione, sia industriale sia agricola, deve scegliere settori nei quali il paese sia o possa essere eccellente e incoraggiare il loro sviluppo in tutti i modi possibili, sia con l’educazione direzionata, sia con le leggi specifiche, sia con gli incentivi fiscali, sia con le agevolazioni di finanziamento, sia con l’apertura di nuovi mercati e così via.

    Per quel che riguarda la quantità necessaria di settori con eccellenza che vanno incoraggiati perché gli obiettivi siano raggiunti, tutto dipenderà della grandezza della popolazione del paese. Un paese con meno di 10 milioni di anime avrebbe bisogno di circa 3 o 4 industrie competitive regionalmente o mondialmente. Un paese con più di 100 milioni ha bisogno di essere eccellente in quasi tutte le industrie. Da ciò si può misurare la dimensione del lavoro che vi è in avanti!

    Soltanto l’eccellenza potrà garantire la competitività necessaria in questo mondo globalizzato. E per i paesi che hanno bisogno di avanzare molti decenni in pochi decenni, sarà meglio che vi sia già tale potenziale.

    La prima direttrice senza la seconda non porta al ciclo virtuoso, quindi essa è imprescindibile e essenziale. Un primo passo sarebbe aumentare il reddito. E come le sinistre possono pensare soltanto in aumentare il reddito dei meno favoriti, di quelli che guadagnano meno oppure non guadagnano niente. È sotto quest’ottica che si basano le politiche di protezione sociale del primo mondo, quando rimunerano i disoccupati in ogni modo.

    Costringere lo Stato a dare soldi ai poveri sembra una forma di istituzionalizzare l’elemosina, si potrebbe dire con istituti elettorali. Ma sotto l’ottica del ciclo virtuoso, i suoi obiettivi sono molto maggiori e si giustifica a causa della sua abbrangenza. Aumentare il reddito di un ceto che non consuma è generare richiesta ad un’industria generalmente locale: cibo, trasporto, abbigliamento di basso costo. Questa industria locale cercherà quindi, di aumentare la sua produzione, generando più lavoro, reddito e consumo, anche se in altri settori, cominciando così il ciclo virtuoso, che la prima direttrice cercherà di sostenere e garantire.

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    Stato e Istituzioni:

  4. Modernizzare il giudiziario perché esse non protegga né le élite, né il capitale, né il governo. Perché possa essere, quindi, giusto.


  5. Cercare di dividere il potere dello Stato in modo bilanciato perché esso non possa mai essere concentrato sulle mani di pocchi ma garantendo ugualmente la governabilità.


  6. Massime popolari: Il potere corrompe, il potere assoluto corrompe assolutamente e Due teste pensano meglio di una.

    Perché concentrare il potere, permettere la corruzione, ridurre il numero di teste pensanti?

    Il potere dello Stato deve essere sempre diviso, equilibrato, bilanciato, protetto dalla cupidigia umana, protetto da noi stessi. E quanto più vi saranno delle persone pensando sui problemi e cercando soluzioni, tanto più vi saranno possibilità di trovarle e più velocemente.

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    Educazione e Globalizzazione:

  7. Un governo deve fidarsi del suo popolo, dandogli sempre i mezzi perché le persone si sviluppino come professionisti e cittadini.


  8. Valorizzare e proteggere la cultura e le tradizioni locali, non soltanto come le uniche o migliori, ma come le sue. E ugualmente, sempre tollerare e imparare con le altre culture, incoraggiando lo scambio fra di esse.


  9. È imprescindibile che i lavoratori siano meglio formati perché possano sostenere l’aumento della produzione che le politiche industriali o agricole sperano di generare. Questo non può essere né rimandato né disdegnato.

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    La pace e l’ONU:

  10. Lottare per la pace fra i popoli e le nazioni.


  11. Cercare di fortificare l’ONU come un’organizzazione in grado di garantire un forum per il dialogo e il dibattito fra le nazioni, obiettivando il mantenimento della pace.


  12. Non si costruisce in un stato di guerra, con la costante possibilità che tutto cada giù. Non vi è niente di più produttivo per l’umanità che un costante stato di pace. Tutti devono convenire con questo, tranne le grandi industrie armamentari mondiali, che hanno sede precisamente presso le cinque uniche nazioni che partecipano permanentemente al consiglio di sicurezza dell’ONU. Ossia, l’ONU come è disegnata oggigiorno non può essere capace di garantire un mondo di pace. Inoltre, dato che è situata in suolo americano e che gli Stati Uniti sono quelli che più contribuiscono al suo bilancio, gli squilibri sono ovviamente ,possibili, per non dire evidenti.

    Dall’altra parte, un mondo globalizzato ha e continuerà ad avere bisogno di una forte Organizzazione fra le Nazioni. Non soltanto nel che riguarda la pace ma anche nell’ambito dei diritti umani e dei tribunali internazionali, nell’ambito dei rapporti fra le nazioni, del commercio, del lavoro, della salute, della educazione, della scienza, delle culture, della protezione all’infanzia, della donna, della lotta contro la schiavitù e anche contro il traffico internazionale di persone. Precisamente il ruolo che l’ONU sta svolgendo attualmente.

    Quello che va fatto quindi, è una sua risistemazione, principalmente nei punti: consiglio di sicurezza e finanziamento del bilancio.

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